Coppa delle Coppe: un viaggio nella storia del calcio

Nostalgia, nostalgia canaglia. È lei che accompagna il ricordo di una competizione che, per ben quattro decenni, ha rappresentato uno dei principali palcoscenici per le squadre del calcio europeo. Si parla della Coppa delle Coppe (o UEFA Cup Winners' Cup), torneo che, aldilà della propria denominazione a tratti iperbolica: “seh, e che avete vinto: la Coppa delle Coppe?”, è stato da sempre contraddistinto dalla semplicità della sua formula e dall’accessibilità “umana” che veniva garantita anche a club senza pedigree. Per partecipare alla competizione era infatti necessario vincere la coppa nazionale della federazione a cui si apparteneva. Obiettivo ben più realizzabile rispetto, ad esempio, alla conquista di uno scudetto in Serie A, specie se la tua squadra del cuore si chiama Vicenza. Delle volte prendere parte al torneo era addirittura meno complicato del previsto. Quando infatti a vincere la finale della coppa nazionale era la stessa squadra che trionfava nel rispettivo campionato, e che quindi dirottava le proprie ambizioni in Coppa dei Campioni, l’accesso alla Coppa delle Coppe per l’anno seguente era riservato all’altra finalista.
Ricordi, bei ricordi, anche se la prima uscita della competizione non fu troppo fortunata. Era il lontano 1960, cinque anni dopo la nascita della ben più prestigiosa Coppa dei Campioni. Anche per questo motivo la UEFA Cup Winners' Cup debuttava fra l’indifferenza generale. Colpa della mancanza di riflettori, quasi tutti puntati contro una sorella maggiore che aveva dalla sua un indiscutibile appeal in più. All’epoca poi non tutte le federazioni continentali contemplavano una propria coppa nazionale. Elemento non da poco che condusse ad una vacatio di grandi squadre che, in ben due occasioni con Atletico Madrid e Monaco, arrivarono persino a rifiutarsi di partecipare ad una così poco ambita competizione.
Gli anni sessanta però passarono in fretta, e durante i settanta e gli ottanta la Coppa delle Coppe iniziò ad accrescere il proprio prestigio fino a diventare uno degli appuntamenti chiave del panorama calcistico europeo. Qualche gradino dopo la Coppa dei Campioni, ma sicuramente prima della Coppa UEFA, il cui livello era indiscutibilmente superiore ma, che ci volete fare, non aveva la stessa magia del torneo riservato ai campioni delle coppe nazionali. Sono questi gli anni in cui inizia ad imporsi il Barcelona (record di vittorie per i catalani con quattro titoli vinti) e dove anche nazioni come il Belgio, con l’Anderlecht, fanno la loro figura mettendo più di una coppa in bacheca.
Arriviamo dunque agli anni novanta. È questo il decennio del declino della Coppa delle Coppe e, come per la prima edizione del 1960-1961, a metterci lo zampino è ancora una volta la Coppa dei Campioni, o per meglio dire, quella che di lì a poco tutti avrebbero conosciuto con il nome di Champions League. La nuova massima competizione UEFA vide un allargamento dei suoi criteri di partecipazione (non più solo le vincitrici dei campionati nazionali) e una contestuale diminuzione di top team che fino a quel momento ancora potevano prendere parte alla Coppa delle Coppe. Che senso poteva dunque portare avanti una competizione che, in quello che si stava trasformando nel “calcio moderno”, di moderno aveva ben poco? La Coppa delle Coppe venne quindi inglobata dalla Coppa UEFA a partire dal 1999, e con lei il diritto da parte delle vincitrici delle coppe nazionali di qualificarsi alla nuova competizione allargata.
Il caso ha voluto che a trionfare nella prima edizione della coppa (1960-1961) fu la Fiorentina, e nell’ultima (stagione 1998-1999) la Lazio. Due squadre italiane a fare da apri e da chiudi fila. Gli estremi di un palmares tricolore di tutto rispetto che conta complessivamente sette trofei conquistati da sei diversi club italiani. Questi trionfi, e non solo, saranno raccontati nella nuova rubrica di Tuttochampions, quella che, per chi ancora non l’avesse capito, stimolerà i nostalgici a qualche attimo di riflessione, ricordando fra una lacrima e un sorriso amaro qualcosa che, forse, credevano di aver dimenticato.