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QUESTIONE DI MENTALITA'

 di Nicola Galloro   vedi letture

Tra i principali campionati europei solo la Liga spagnola sarà decisa all’ultima giornata. Paris SG, Juventus, Liecester, Bayern Monaco si son già laureate campioni nei rispettivi tornei; in Spagna sarà ballottaggio sabato sera tra Barcellona e Real Madrid. La terza incomoda, l’Atletico di Simeone, si è incredibilmente tirata fuori dai giochi lo scorso weekend.

Tutto quadra. Giusto che la Liga venga decisa negli ultimi novanta minuti. Giusto perché il campionato più bello del mondo oggi è proprio quello spagnolo. Perché incerto, indecifrabile, infallibile nelle protagoniste ma insicuro nei piazzamenti finali. Perché le interpreti sono le più forti del continente. Barcellona, campione d’Europa uscente e semifinalista di Champions; Real, attuale finalista con l’Atletico (terzo). Un torneo aperto se può accadere che la finalista di Europa League sia la settima piazzata, il Siviglia che per poco non incrociava il Villareal, odierna quarta ed appena esclusa dalla competizione europea.

Già, il Siviglia, settimo come il Milan ma tre volte finalista di Europa League la prima, completamente allo sbando la seconda. Certa negli obiettivi la prima, inconsistente la seconda. Retrocessa dalla Champions la prima (gol di Llorente alla Juve), finalista di Coppa Italia la seconda sol perché ha sfidato Crotone, Carpi ed Alessandria, e scusate se è poco. Solo il rapporto tra centravanti è sostenibile: Gameiro versus Bacca.

Il richiamo alle due realtà altro non è che il differenziale tra Liga e Serie A: tra accentuata competitività, gioco, razionalità, ragionevole costruzione delle squadre iberiche ed asfissiante monopolio Juve sulle italiche. Che può anche sonnecchiare fino a novembre, tanto vince ugualmente. Non perché sia la più forte, ma perché è l’unica che sensatamente offre e propone. Salvo poi ingenuamente compromettere l’annata europea a Siviglia nell’ultima gara della fase a gironi, malamente e conseguentemente perdere primato ed autocandidarsi all’eliminazione.

Brilla la diversità di mentalità tra spagnoli ed italiani, oggi si direbbe di approccio. Concretizzando, diversa è la cultura dello sport: sinonimo di divertimento spassionato in Spagna, calcolo estremizzato e radicale da noi.

La Juve perde a Siviglia perché “ragiona” troppo; risparmiare le energie, tanto si è già qualificati, giocare con oculatezza e senza eccessivo dispendio. Ma poi si perde. Se non si è sorretti dall’animus sportivo tout court, dalla animosa passione si rimediano soltanto insuccessi. E la Spagna ne è l’esempio.

Non tutto è da buttare, anzi. L’inversione metodologica in corso in Italia fa ben sperare. Fino a ieri le ultime giornate del nostro campionato erano scontate, perché già preannunciate erano le motivazioni.  Chè se le motivazioni sono dirimenti, si traduceva in sicura previsione degli esiti. Ed invece quest’anno il Verona già retrocesso sa battere il Milan prima la Juventus poi. La Lazio ormai spensierata espugna Modena relegando il Carpi in virtuale retrocessione.

Non è più un’eccezione etero-italiana. Non invidiamo più il successo del Levante già retrocesso in danno dell’Atletico, che viene estromesso dalla lotta scudetto. Non è più per noi novità il pari dell’Aston Villa, già in B inglese, con il Newcastle, terzultimo ed ad un passo dalla retrocessione. Non sorprende la vittoria del fanalino di coda Hannover (già in B tedesca) sull’ Hoffenheim, quintultimo ma ancora a rischio spareggio play-out.

Il Verona dimostra come anche le ultime giornate di campionato possano essere divertenti, indipendentemente da chi gioca e per cosa gioca. Lo sport è passione ardente, sorriso ed intraprendenza fino all’atto finale.

Peccato solo che da noi si sappia già che vincerà la Juve. Perché in cinque anni nessuna avversaria le si è frapposta. Salvo poi non riuscire a trasferire il monologo al di là delle Alpi. Ma è propria questa la differenza con gli spagnoli e non solo. 


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