Tanti auguri a John Carew, gigante dal fiuto del gol diventato... attore

Ciak, azione. Questo da tre anni a questa parte è il suono che ha sostituito il fischio d’inizio nella vita di John Carew. La storia di questo norvegese, classe 1979, è davvero singolare, perché non è semplice lasciare improvvisamente il mondo del calcio per dedicarsi al cinema. Ed è ancora più complicato farlo con la sua naturalezza e semplicità. Eppure, quando si è calcato un palcoscenico come la Champions League, non ci sono set cinematografici o copioni da recitare che possono spaventare. La pressione difficilmente incute timore quando si approda al Valencia, con il Mestalla che chiede a gran voce di conquistare quella Coppa dalle grandi orecchie sfuggita l’anno prima, nel 2000, contro il Real Madrid. Nell’estate di inizio del nuovo Millennio, John muove i suoi primi passi in Spagna, dopo l’esperienza al Rosenborg. Con il club norvegese ha già assaporato quell’atmosfera particolare, sa già cosa vuol dire compiere un’impresa e vincere contro grandi club. Ma l’impresa di un giorno non ha le pressioni di un cammino verso un obiettivo ben preciso. Il Valencia di Hector Cuper ha tutto per vincere: la sicurezza del portiere Canizares, la solidità di Angloma e del blocco difensivo, l’esperienza di Carboni, la classe di Mendieta ed Aimar.
E poi c’è lui, John Carew, con il suo fisico possente a sorreggere l’attacco. Chi non lo considera all’altezza deve ricredersi presto. È suo il gol che permette al Valencia di superare l’Arsenal ai quarti di finale. Dopo la sconfitta in terra di Albione per 2-1, serve l’impresa agli spagnoli. Il Mestalla ribolle. Basta un lampo per cambiare la serata del 17 aprile ed il destino del doppio confronto: scambio tra Mendieta ed Angloma sulla fascia, cross del francese e stacco imperioso del gigante nordico per l’1-0 definitivo. Una rete che regala la semifinale al Valencia, in virtù del gol segnato in trasferta e della marcatura di Carew al ritorno. È il punto più alto, al Mestalla ed in Champions League. Il calcio vive di attimi simili, ma tende a dimenticare facilmente, guardando sempre avanti.
Gli spagnoli continuano il cammino e conquistano la finale a Milano. L’avversario è il Bayern Monaco, beffato nell’atto conclusivo di due anni prima. La partita si sblocca subito: al 3’ Mendieta trasforma un rigore generoso. Canizares nega il pari a Scholl dagli 11 metri, ma nulla può sul penalty realizzato da Effenberg. Carew non riesce ad incidere anche a causa del difensivismo di entrambe le formazioni. I rigori offrono un finale thriller. Il Valencia scappa avanti per due volte, complici gli errori di Paulo Sergio ed Andersson, ma viene ripreso grazie alle parate di Kahn. Alla fine sbaglia Pellegrino e cede il titolo al Bayern. Per Carew è e sarà la serata dei rimpianti per un’occasione sfumata e mai più ripresentatasi.
Da lì la discesa, con pochi alti e tanti bassi. Fino alla decisione di lasciare il calcio e dedicarsi al cinema. E pare abbia anche un gran talento. I modelli? The Rock e Will Smith. Un mix di quello che ha mostrato in campo: un fisico possente, unito ad un talento, tristemente rimasto incompiuto. Oggi John soffia 37 candeline, tra un passato da campione mancato e da attore in erba.