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L’Europa League delle italiane: un’occasione per tornare grandi, non sciupiamola

L’Europa League delle italiane: un’occasione per tornare grandi, non sciupiamola

© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
 di Rocco Crea   vedi letture

Ancora una volta, puntuale come ogni stagione, si ripresenta per il nostro calcio la solita occasione, che tutto è eccetto che al di fuori della portata delle compagini che lo rappresentano, di portare a casa un trofeo dal sapore internazionale grazie all’Europa League.

FLOP INTER ALL'ESORDIO - Difatti, se la sorella maggiore Champions League rappresenta ancora uno scoglio quasi insormontabile per le due sole italiane presenti in competizione, ovvero Juventus e Napoli, l’ex Coppa Uefa appare tutto sommato abbordabile per la forza tricolore che prende parte alla manifestazione, rappresentata dalla Roma (uscente ai preliminari di Champions), dall’Inter, dalla Fiorentina e dal Sassuolo. E invece i primi 90 minuti del torneo hanno già sancito primi passi falsi, in alcuni casi addirittura inaspettati e ingiustificabili. E’ principalmente il caso dell’Inter, che all’esordio è stata sconfitta in casa nientemeno che dagli israeliani dell’Hapoel Beer Sheva per 2-0. Una gara che, anche al netto di un turnover massiccio operato da de Boer e da una condizione fisica certamente non al top, i nerazzurri avrebbero dovuto comunque vincere senza troppi affanni. Perché la rosa dell’Inter è vasta e di qualità, una qualità decisamente troppo alta per essere annacquata da una compagine che ha toccato il punto più alto a livello europeo proprio quest’anno, con la qualificazione al secondo turno dei preliminari di Champions, punto da cui è partita facendo fuori i moldavi dello Sheriff Tiraspol, ma soprattutto i greci dell’Olympiacos, prima di essere eliminata a fatica dal Celtic Glasgow. Insomma, nulla di paragonabile rispetto ad un club dal palmares, dal blasone e dalla qualità dell’Internazionale.

ROMA E FIORENTINA - Fanno eco alla scialba prestazione dei nerazzurri anche quelle di Roma e Fiorentina, che non riescono ad andare oltre il pari rispettivamente contro Viktoria Plzen e PAOK Salonicco, avversari certamente non troppo ostici da piegare per rose attrezzate come quelle messe a disposizione di Spalletti e Paulo Sousa, che i favori del pronostico additano come fra le possibili vincenti della competizione. E invece, una tipica soggezione tutta italica ha fatto sì che capitolini e viola non andassero oltre il compitino, che di fatto ha generato una figura magra, resa accettabile solamente dal livello ancora prematuro del torneo. Del resto, la prima gara non compromette e non decreta nulla, è vero, ma se è vero che vincere aiuta a vincere allora si è partiti male.

L'EUROPA SNOBBATA, MA PERCHE'? - A cosa sono dovuti i risultati, ma anche le prestazioni tutt’altro che esaltanti dei club nostrani? Le cause potrebbero essere due in particolare: l’ampio turnover adoperato soprattutto in queste prime battute d’Europa League e la scarsa importanza riservata alla competizione, specialmente rispetto al campionato. Ma quanto e cosa può fruttare questa priorità? Forse poco, addirittura nulla. In una Serie A in cui la Juventus domina in maniera incontrastata perlomeno da quattro anni (il primo dei cinque scudetti consecutivi è invece stato combattuto grazie alla forza del Milan) , appare più che mai difficile contrastare la forza bianconera, che pure non durerà in eterno o comunque non farà vincere per sempre la Vecchia Signora. E quindi perché non dare più risalto e guardare con un occhio diverso l’Europa, anche se considerata (a ragione) minore rispetto al castello della Champions League? In fondo minore lo è anche perché, al di là dei ricavi più bassi, la concezione di cui gode perlomeno in Italia l’Europa League è certamente inferiore (e di molto) rispetto al valore assunto sino al 2009 (prima che venisse cambiata la formula e il nome della vecchia Coppa Uefa), e più ancora sino al 1999, quando la stessa Coppa Uefa dovette inglobare anche le squadre provenienti dalla Coppa delle Coppe, giunta (mai errore fu più grossolano) a fine ciclo.

I PALMARES PIANGONO - Eppure un trofeo è un trofeo, specialmente in ambito europeo. Vincere piace a tutti, anche se ad oggi sporcarsi le maniche e lottare in competizioni colpevolmente snobbate dalle squadre italiane non piace più. Non gratifica, non soddisfa. E pensare che piazze come Firenze e Roma più di altre, necessiterebbero più che mai di una vittoria per risollevare anni di magra in Italia, oltre che in Europa. Fa eccezione qualche Coppa Italia, perlopiù di sponda capitolina, in un palmarès che altrimenti da troppo tempo piange e recrimina new entry, anche in virtù di ingenti spese da rendere la squadra attrezzata per lottare su più fronti. Che lo sappia più di ogni altro il Sassuolo? Cuorioso come a tracciare la strada giusta sia proprio la matricola emiliana. I neroverdi di Di Francesco sono partiti a razzo difatti, qualificandosi per l’accesso al girone e sballottolando gli spagnoli dell’Atletico Bilbao (non proprio i primi arrivati) con un netto 3-0. Sarà la fame, sarà la voglia di fare bene alla prima esperienza assoluta di livello europeo, ma la società del presidente Squinzi fa sul serio, e in Europa League, al contrario di molti, prova a ridurre al minimo possibile persino il turnover. Perché vincere è l’unico modo che c’è per creare basi solide, all’insegna di un futuro radioso. 


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